La Svanvita (Pariati), Milano, Malatesta, 1707

 LA SVANVITA
 
    Drama da rappresentarsi nel Regio Ducal teatro di Milano l’anno 1707, consagrato all’altezza serenissima del signor principe Eugenio di Savoia e di Piemonte, marchese di Saluzzo, consigliere di stato, presidente del consiglio aulico di guerra, maresciallo di campo, colonnello d’un reggimento di dragoni, cavaliere dell’insigne ordine del Tosone d’Oro, generale comandante delle armi di sua maestà cesarea in Italia, governatore e capitano generale per sua maestà cattolica dello stato di Milano.
    Opera del dottore Pietro Pariati da Reggio.
    In Milano, nella regia ducal corte, per Marcantonio Pandolfo Malatesta, stampatore regio camerale, con licenza de’ superiori.
 
 Serenissima altezza,
    nel primo drama che deve comparire su questo Regio teatro, dopo che ne corre per mio conto l’impresa, ardisco d’implorare l’alto patrocinio di vostra altezza serenissima, e per dare al drama un successo più favorevole e per animarmi anch’io con più coraggio al proseguimento della condotta. Il nome glorioso di vostra altezza serenissima, di cui vien fregiato il frontispicio dell’opera, voglio credere che servirà par difenderlo dalle censure e per fargli incontrare l’universal gradimento. Mi si aggiunge anche il motivo che, essendo questo componimento d’un autore nato in una patria, la qual deve la sua quiete alla beneficenza di vostra altezza serenissima, e suddito di un principe che riconosce il pacifico possesso de’ suoi stati dalla di lei opportuna assistenza e valore, par dovere che si consagri al merito eccelso di vostra altezza serenissima. M’affido che queste ragioni possano esser bastanti a discolpare il mio ardire; e spero che la clemenza di vostra altezza serenissima volgerà uno sguardo benigno a questo tributo di rispetto che le presento, per aver l’onore di pubblicarmi di vostra altezza serenissima umilissimo e ossequiosissimo servitore.
 
    Gioanni Martinazzi
    Milano, 26 decembre 1707
 
 ARGOMENTO
 
    Unningo, re di Svezia, di Ulvilda sua prima moglie ebbe Regnero, unico figliuolo; e rimasto vedovo, si rimaritò con Torilda, sorella di Olao, re di Norvegia, la quale pure d’altro marito già mortole aveva avuto un figliuolo, per nome Roderico. Ne’ primi anni del suo matrimonio morì Unningo, rimanendo la tutela di Regnero ed il comando del regno a Torilda, la quale pensò ben tosto la maniera di far passare dalla fronte di Regnero su quella di Roderico la corona di Svezia. A tal fine tentò d’indurre Asmondo, uno de’ principali del regno ed aio di Regnero, a secondare le sue intenzioni; e fingendo questi di voler farlo, abbenché internamente fosse fedele alle ragioni di Regnero, gli ordinò che lo facesse allevare lontano dalla reggia e fra’ boschi, così che, imbevuto di massime rozze e plebee, si scordasse d’esser nato ad un trono e ne perdesse con la conoscenza di sé stesso le pretensioni. Asmondo, al quale era noto il genio violento di Torilda, promise tutto, dubitando di qualche maggior pericolo per Regnero; ed infatti ne assicurò il principe con farlo nodrire in una selva. Non molto dopo, morì anche Torilda e chiamò al governo della monarchia Olao suo fratello, come tutore del nipote Roderico. Venne Olao nel regno con forze poderose per sostenere con esse il nipote che seco vi condusse; onde Asmondo, non potendo in quel tempo né opporsi ad Olao, per mettere nel trono Regnero, né fidarsi de’ popoli che allora erano o irresoluti o impauriti dall’armi di Olao, dubitando della vita di Regnero, diede a credere artificiosamente a quegli che il principe, alla sua cura commesso, fosse già morto. Sul fondamento di questa asserzione, pensò il re di far riconoscere per successore della corona il nipote; ed i grandi, o mossi dal genio o persuasi dal timore, non ricusarono di riceverlo, tanto più che non vi era del sangue reale alcun altro rampollo. Per assicurare il regno al nipote, stabilì Olao le nozze di esso con Svanvita, principessa di Danimarca, per mezzo di Sigiberto, principe di Frisia, il quale amava ed era amato da Ildegonda, principessa della stirpe degli antichi re della Svezia. Durante il suo viaggio s’invaghì di questa, onde ne nacquero li disgusti così di Svanvita come di Sigiberto, rimanendo quella offesa per vedersi posposta ad Ildegonda, dopo i patti stabiliti del matrimonio; e questi altamente irritato da una troppo ingrata rivalità. Protestandosi adunque la generosa Svanvita di volerne vendetta, come che era principessa di spiriti magnanimi, colse una così favorevole occasione Asmondo; e scoperto dove e quale fosse Regnero ad essa Svanvita, l’impegnò a proteggere le di lui ragioni ed a restituirgli il suo diadema; il modo con il quale ciò seguì, l’aiuto che vi prestò Sigiberto e l’industria di esso Asmondo non sono meno motivi dell’istoria che villuppo del drama, il quale ha li suoi veri fondamenti dalle istorie di Sassone Grammatico, di Alberto Cranzio, di Giovanni Lovennio e di altri, eccetera.
 
 SCENE
 
    Nell’atto primo: I. salone reale con due troni; II. campagna orrida con veduta di mare ingombrato da navi; siegue lo sbarco di Svanvita, preceduta dal suo corteggio e da deità marine che formano il ballo; III. galleria d’armi.
    Nell’atto secondo: IV. sobborghi alla gotica, fiume in lontano con sopra gran ponte, per il quale si passa all’esercito de’ Goti; da una parte padiglione reale, da cui escono Svanvita e Regnero nobilmente vestito; V. loggie illuminate di notte; VI. quartieri di soldati con piazza nel mezzo.
    Nell’atto terzo: VII. gabinetto reale; VIII. veduta di Scar, metropoli della Dania, con gran porta, dalla quale esce, preceduto dal seguito de’ norvegi e goti, Olao; IX. sala reale preparata per nozze.
    Le scene sono del signor Ferdinando Galli Bibiena.
 
 ATTORI
 
 SVANVITA principessa di Dania
 OLAO re di Norvegia, tutore e zio di Roderico
 RODERICO suo nipote, amante d’Ildegonda
 REGNERO principe di Gozia, legitimo erede della corona
 ILDEGONDA principessa del real sangue di Gozia
 SIGIBERTO principe di Frisia, amante d’Ildegonda
 ASMONDO confidente di Olao ma segretamente parziale di Regnero
 
    La composizione della musica è del signor Andrea Fiorè, maestro di capella di sua altezza reale di Savoia.